Project Description
TAM TAM – TUTTI AL MUSEO
Museo Popoli e Culture del Centro Missionario PIME, Milano, 2011-2012
L’intreccio tra patrimoni oggettivi e soggettivi può essere risorsa per un progressivo avvicinamento dei pubblici al museo, e più in particolare per attivare risonanze con i saperi, i vissuti, le emozioni delle persone. Viene così a crearsi una nuova circolarità tra Storia e storie, e il museo si trasforma in “un luogo intimo, dove ci si scambia riflessioni profonde”.
Questa è la sfida raccolta dal Museo Popoli e Culture, che con il progetto “TAM TAM” ha dato vita a un dialogo tra “oggetti da museo” e “oggetti d’affezione”, giungendo a comporre un patrimonio di storie e di vissuti condiviso da individui portatori di esperienze e di sensibilità culturali differenti: educatrici del Museo e mediatrici museali di origine immigrata, visitatori italiani e provenienti da diverse parti del mondo.
Foto di Simona Bodo
Gli itinerari di visita che ne sono scaturiti, condotti in coppia da educatrici e mediatrici, fanno emergere la ricchezza delle possibili “narrazioni” contenute nel patrimonio del Museo – ad esempio, il “tamburo delle rane” birmano viene associato al tema della fatica quotidiana nella cultura contadina, ma anche della capacità di cogliere l’aspetto essenziale delle cose, attraverso il ricordo del racconto di una nonna mondina; un candeliere cinese in bronzo a forma di gru richiama memorie di luci diverse, dalla candela di una fantesca alle lampare in una notte d’estate – e offrono spunti ai partecipanti per scegliere a loro volta un oggetto del Museo da far “risuonare” con il proprio – ad esempio, la scarpina cinese con uno zoccoletto in legno fabbricato dal nonno, due calzature apparentemente lontanissime nello spazio e nel tempo, eppure unite dal tema della bellezza e del dolore.
“TAM TAM” è un progetto a cura del Museo Popoli e Culture (Massimo Casaro, Lara Fornasini e Paola Rampoldi) e di Fondazione Ismu – Iniziative e studi sulla Mutietnicità (Simona Bodo e Silvia Mascheroni), con l’accompagnamento di Maria Grazia Panigada per la creazione delle narrazioni.
I testi integrali delle narrazioni sono pubblicati in S. Bodo, S. Mascheroni, M. G. Panigada (a cura di), Un patrimonio di storie. La narrazione nei musei, una risorsa per la cittadinanza culturale (Mimesis Edizioni, 2016).
Guarda le narrazioni di Francesca Cambielli sugli ornamenti delle donne Lambadi (India, XX sec.) e di Rosana Gornati sulle collane brasiliane
Guarda le narrazioni di Rosana Gornati sui Tamburi delle Rane (Myanmar, XVIII sec.) e di Francesca Cambielli sul racconto della nonna Marcellina quando era mondina
Guarda le narrazioni di Connie Castro sul Gabay e di Isabel Ciceri su Shiva Nataraja (India, XIX sec.)
Guarda le narrazioni di Isabel Ciceri sulla Casetta degli Spiriti (Thailandia, XX sec.) e di Connie Castro sulla casa e la danza Ifugao
Guarda la narrazione di Elda sulle scarpette cinesi e gli zoccoletti in legno
Guarda la narrazione di Rosa sul kimono nuziale e alcuni oggetti di affezione
Qualche estratto dalle narrazioni
Appese al collo una, due, a volte anche tre collane; anch’esse d’argento, sono diverse tra loro. Tonde e corte, lunghe e con pendenti, donate dalla madre o ricevute dallo sposo, raccontano di legami con le persone più care, spiegano di chi si è figlia, a chi si appartiene. Cinque chili: tutta la ricchezza è portata sul proprio corpo. (Francesca Cambielli)Le collane con le piume, le conchiglie e i semi colorati erano un appiglio al quale mi aggrappavo per paura di essere assorbita dalla cultura italiana a scapito di quella brasiliana. […] Ho dovuto, in un certo modo, “disimparare” il portoghese per riuscire ad acquisire la nuova lingua e poi, piano piano lasciare che riaffiorassero tutte e due con la stessa importanza.
È come se, dopo aver disfatto le collane, avessi preso in mano e osservato attentamente i semi colorati degli alberi, del pau-brasil e della sibipiruna, le conchiglie dei fiumi, i cordoncini di paglia, le piume colorate, le perline di cocco, i tubicini di bambù… per poi re-infilarli uno ad uno e aggiungerne di nuovi. (Rosana Gornati)
Oggi voglio parlare del mio Angelo custode, il mio Gabay.
È con me, mi accompagna sempre, la sua presenza mi dà forza perché so che non mi abbandonerà.
Migrare è un atto coraggioso. La lontananza mi ha “dato carenza” rispetto al sentimento che nutro nei confronti del mio paese e all’affetto dei miei cari; è stata un’esperienza di crisi, di rottura di un equilibrio. […]
Arrivare in un paese dove tutto è sconosciuto mi ha resa vulnerabile; ero piena di speranza ma anche di paura perché avevo capito quali sfide mi attendevano. Nella trasformazione che mi veniva richiesta per adattarmi alla nuova vita, tre cose mi hanno aiutato in modo particolare: la mia personalità e il mio coraggio, che mi hanno spinto ad andare avanti e ad affrontare le difficoltà; alcune condizioni esterne, che mi sono state favorevoli; ma soprattutto la fede, la fede in qualcuno che sta in alto, sopra di me; che io sento ovunque io vada e ovunque mi trovi. (Connie Castro)Shiva si ferma e, lentamente, apre il palmo della sua mano destra rivolgendolo verso l’umanità piangente: Abhaya-mudra, il gesto della rassicurazione. “Non temete”, sembra dire, “perché questo è il mio compito cosmico: tutti, uomini, piante, animali, demoni, persino gli dèi, come me, tutti dovremo morire. Ma tutti, come piccole gocce che ritornano nell’oceano, ritorneremo all’Uno… Energia Divina… Respiro dell’Universo”.
Con la mano sinistra sembra alludere alla proboscide dell’elefante, Gaja-hasta-mudra, antico simbolo di saggezza, e indicare Apsamara, il demone dell’ignoranza, calpestato col suo robusto tallone. E con la gamba alzata sembra voler invitare l’umanità a ripararsi sotto il grande ombrello della sua protezione.
E la danza continua… (Isabel Ciceri)