Project Description
BRERA: UN’ALTRA STORIA
PERCORSI INTERCULTURALI NEL MUSEO
Pinacoteca di Brera, Milano, 2012-2014
Il museo è uno scrigno di storie. Le storie delle opere, di chi le ha realizzate, di chi le ha volute. Ma anche le storie di chi le guarda, di chi le sa interrogare, di chi si emoziona davanti ad esse.
Emanuela Daffra, storica dell’arte
Da questa convinzione nasce “Brera: un’altra storia”, un progetto curato da Emanuela Daffra e Paola Strada (Servizi Educativi della Pinacoteca di Brera) insieme a Simona Bodo, Silvia Mascheroni e Maria Grazia Panigada. Il suo principale intento è stato quello di innescare nuove consapevolezze sul rapporto che ogni individuo può intessere con le opere d’arte, eliminando l’aura aristocratica ed elitaria che ancora ammanta tanti musei.
Foto di Erminia Sciacchitano
I protagonisti di “Brera: un’altra storia” sono otto mediatori museali provenienti da Bosnia, Brasile, Egitto, Filippine, Italia, Perù, Senegal e Ungheria. Il loro sguardo è il frutto non solo delle rispettive “provenienze culturali”, ma anche di vissuti e sensibilità individuali, della capacità narrative di cui ciascuno di essi è portatore, e di un costante, rigoroso confronto con il personale scientifico ed educativo della Pinacoteca.
La rilevanza culturale e sociale del progetto risiede nella promozione di diversi livelli di accessibilità: lo sviluppo di una nuova familiarità tra Museo e “nuovi cittadini”, la partecipazione del non-pubblico italiano (in particolare i giovani), la promozione nei visitatori abituali di nuovi punti di vista sulle collezioni e, più in generale, la costruzione di politiche per l’accesso e la partecipazione rivolte a un pubblico interculturale, non “segmentato” in base alla provenienza e alla nazionalità.
Il punto di approdo di “Brera: un’altra storia” è la creazione di percorsi di visita guidati dai mediatori e incentrati su filoni tematici dalle forti potenzialità evocative, capaci di far dialogare la storia culturale delle opere d’arte con le storie e i vissuti delle persone attraverso lo strumento della narrazione: “I momenti importanti della vita”, “Un incontro”, “Luoghi”, “Di madre in figlio”, “Tra terra e cielo”, “Sguardi diversi sulla Predica di S. Marco ad Alessandria d’Egitto, di Gentile e Giovanni Bellini”.
I testi integrali delle narrazioni sono pubblicati in S. Bodo, S. Mascheroni, M. G. Panigada (a cura di), Un patrimonio di storie. La narrazione nei musei, una risorsa per la cittadinanza culturale (Mimesis Edizioni, 2016).
Guarda il trailer del progetto “Brera: un’altra storia” (Pinacoteca di Brera; produzione Storyville)
Guarda il documentario “Brera: un’altra storia” (Pinacoteca di Brera; produzione Storyville)
Qualche estratto dalle narrazioni
Forse i magi erano ricchi, certo non poverissimi, altrimenti dove avevano preso l’oro, l’incenso e la mirra che portavano come doni? Sappiamo quasi con certezza che i re magi venivano da Est, terra fertile di ricchezza e sapienza. Forse non abbiamo visto questo miracolo ripetersi tante volte a Kivu, a Mthunzi, sui monti Nuba, in Palestina, in Israele, in Iraq, in Afghanistan, in Siria, in Casamance o altrove.
I giovani venuti da lontano con mezzi corazzati, zaini pieni di esplosivi e sofisticate armi da combattimento, che li hanno resi così arroganti e cinici nell’esportare la democrazia, a un certo punto si accorgono che tutti i loro doni non valgono proprio niente. Li depongono davanti a un bambino. Un bambino troppo piccolo per capire, eppure, con la sua toccante e viva presenza, rappresenta tutto ciò che conta nella vita: la speranza.
I piedi come figura poetica. I piedi servono per camminare e sorreggere, non soltanto fisicamente, ma permettono di vedere altri mondi, portano a interagire con altre persone. Se i piedi si fermano, è molto difficile spostarsi. I piedi ci sostengono tutta la vita. I piedi aprono i cammini, e i cammini si fanno camminando.
I piedi del Cristo ci parlano di tutto il suo vissuto, ma allo stesso tempo rivelano la violenza di quelli che hanno voluto fermare il suo andare.
Finalmente il mio sguardo si fissa sulla moschea!
È un tempio magnifico, complesso, caotico e allo stesso tempo equilibrato e armonico. Le cupole e gli archi della facciata ricordano la Basilica di San Marco a Venezia.
È fortissima la somiglianza tra i due templi: uno veneto e l’altro mediorientale; entrambi rappresentano il crocevia di persone, merci e culture.
Uno reale, l’altro immaginario, frutto dei ricordi o magari del desiderio di vivere in una città che integri elementi culturali differenti: non solo le colonne di marmo, i capitelli, le bifore, le trifore, gli archi, le cupole, i simboli islamici e cattolici, le maioliche, le pareti dorate, i contrafforti ad arco… ma anche le persone, i vettori delle culture.
Il risultato non è un luogo irreale o un’architettura del passato, bensì del futuro.
Un luogo dove le diverse culture trovano spazio e creano un’armonia inaspettata.
Sono passati altri anni e sono tornata a Brera e, ancora una volta, davanti a Lui.
Ho guardato il suo viso, quella parte in ombra su cui non ho mai voluto fermarmi.
Il volto è livido, le guance scavate e gli occhi… no, non sono persi nel vuoto, ero bambina e non lo capivo.
Sta guardando suo Padre. Ha tanta paura in questo momento, sa che farà molto male.
Il suo corpo di uomo è fragile e vulnerabile al dolore.
Mentre il Cristo sussurra il Suo nome, gli occhi sono negli occhi del Padre e la Sua volontà è quella del Padre.
Tra poco verrà frustato, il Suo bel corpo torturato, il viso sfigurato; Gesù affronterà la prova urlando per il dolore. E ora so che posso accettarlo, ho imparato a farlo, piangendo, urlando, affrontando la paura e la perdita.
Ombra e non solo luce, entrambe parte della vita.